Fra le varie istanze interne che ostacolano lo sviluppo spirituale c’è il senso di colpa, spesso molto difficile da ammettere in se stessi. Allenarsi a guardare oltre le apparenze del proprio comportamento, indagando i contenuti nascosti delle motivazioni e dei bisogni, ascoltare la qualità delle voci interne e le emozioni che si provano di fronte a dati avvenimenti, ci aiuta a scoprire che il senso di colpa è presente in ognuno di noi.
La storia di Anéma ci conduce più vicini al dramma che migliaia di profughi si trovano a vivere. È come fermarsi, finalmente, e guardare dentro, senza poter seguire la tentazione automatica di sfuggire alle notizie “scomode”, quelle che ci fanno sentire che siamo tutti responsabili, così come siamo responsabili delle nostre parti interne sofferenti che risuonano con le ferite di Anéma e di chi, come lei, vive una guerra che purtroppo è sia interna che esterna.
Quando ci accorgiamo che un valore infranto dall’altro ci provoca un giudizio pesante, dovremmo indagare sul significato che tale giudizio ha nella nostra storia personale. Potremmo scoprire che la stessa intolleranza all’errore dell’altro è uno specchio di quella che abbiamo per noi stessi, esigendo la nostra perfezione.
Per alcuni, la felicità è una questione infantile, una dimensione ingenua e idealizzante. Altri l’hanno cercata ma non l’hanno trovata, finendo con rinunciare a crederci. Il problema è innanzi tutto che non sappiamo cosa sia: crediamo di saperlo, invece no.
Gli oggetti delle nostre dipendenze si sono oggi allargati al campo tecnologico. La capacità di rompere un’abitudine radicata ci consente di osservare gli stati d’animo successivi al “risveglio”, come indicatori dei nostri bisogni, limiti e fragilità.
Le relazioni affettive sono il luogo dove emergono le nostre verità più essenziali. Il partner diviene la figura primaria di riferimento, sulla quale proiettiamo i nostri irrisolti emotivi e con la quale adottiamo i modelli relazionali appresi nell’infanzia.