nostalgia del burattino di legno

Gent.ma dott.ssa Valerio, 
ricordo un’immagine che da bambino mi rimase molto impressa, nel libro Le avventure di Pinocchio. Pinocchio, ormai bambino e ben vestito, dà la mano a suo padre Geppetto, mentre il suo corpo da burattino è, senza vita, su una sedia lì accanto con gambe e braccia penzolanti. Sentii tristezza per quel burattino e una sorta di nostalgia per ciò che lui era stato. Questa immagine può indicare lo stato di un paziente quando giunge alla fine della sua terapia analitica? Cioè, egli sa chi è, quale sono le sue aspirazioni, che tipo di partner scegliere… e tutto ciò che era prima diventa come scorie “espulse”, lasciando indietro qualcosa di importante?


Una bella immagine e ben scelta, grazie gentile lettore, molto eloquente. Da bambino ha provato tenerezza per quanto nella fiaba era stato lasciato indietro, quel legno intagliato dal padre falegname, perché nei primi anni di vita è difficile abbandonare il vecchio guscio sotto la spinta della crescita, che trasforma il corpo e il sapere a una velocità sorprendente. I passaggi vengono vissuti con una certa apprensione timorosa, come se ogni tappa, che comporta una maggiore capacità e autonomia, potesse di pari passo richiedere una perdita affettiva. A poco a poco la vita ci insegna che non è così: i legami si trasformano e si intensificano nella reciproca libertà. Soltanto che non lo sappiamo, e non abbiamo nessuna garanzia – prima – che non sarà così. 
Anche gli insetti e i crostacei, nel loro sviluppo, lasciano il vecchio carapace, e per un breve lasso di tempo sono esposti, disarmati, molli e suscettibili ad ogni contatto. Si stanno preparando ad indossare una nuova forma più ampia, che contenga e protegga la giovane persona ormai adulta. Rimpiangono quella pelle vecchia e ormai disanimata, vuota di ogni loro immagine? La domanda resta aperta…