Ci immergiamo così tanto nel gioco della vita da dimenticarci che tutto, prima o poi, svanirà. Il gioco smette di essere tale, e tutto quanto ci circonda e i nostri ruoli diventano catalizzatori totali. Dimentichiamo che, prima tutto: Io Sono.
Se mi rivolgo direttamente a te caro lettore, cara lettrice, non è per importunarti, ma perché in te voglio specchiarmi, perché a me sto rivolgendo le seguenti riflessioni. Quindi abbi pazienza, è così che cercherò di esporle e spero mi perdonerai.
«Lascia perdere, non ne vale la pena!». Quante volte ti hanno, o ti sei rivolto, questa esortazione?
Innumerevoli: tutte quelle in cui ti dibatti nello spasmo di un attaccamento; quando ti identifichi in una situazione, in un’opinione, in un giudizio; quando un’emozione ti cavalca piantandoti i suoi speroni nei fianchi e ti fa correre pancia a terra ostinandoti a mascelle serrate, col fiato corto e il cuore in gola. Finché per un guizzo di orgoglio, o per sfinimento, ascolti con rassegnazione il consiglio e accetti di buon grado la rinuncia: lasci perdere e ti concentri su qualcos’altro.
Un atto di convenienza, perché “non ne vale la pena”, ma che sprigiona un odore di perdita col retrogusto del rimpianto. Perché lasci andare qualcosa che credevi di possedere, ma forse, ora, ti chiedi se davvero fosse così. Forse non ne avevi così tanta certezza, e perciò la trattenevi: per paura di perderla. E ora, con un’azione volitiva hai deciso di mollarla, ma non ti rendi conto che ha talmente potere su di te da essere lei, in realtà, a trattenerti ancora. Perdi qualcosa che comunque ti mancherà.