Il mondo e i suoi fenomeni vengono percepiti e interpretati dall’individuo in base alla sua visione cognitiva ed emotiva. Essa è il frutto di complessi fattori, combinati fra temperamento, genetica, storia individuale, obiettivi e motivazioni, i quali creano una realtà del tutto soggettiva
Aldous Huxley, all’inizio del suo bel saggio Le porte della percezione, afferma: «Noi viviamo insieme, agiamo e reagiamo gli uni agli altri, ma sempre, in tutte le circostanze, siamo soli. I martiri quando entrano nell’arena si tengono per mano, ma vengono crocifissi da soli. Allacciati, gli amanti cercano disperatamente di fondere le loro estasi in una singola autotrascendenza; invano. Per sua stessa natura ogni spirito incarnato è condannato a soffrire e godere in solitudine. Sensazioni, sentimenti, intuiti e fantasie, tutte queste cose sono personali e, se non per simboli e di seconda mano, incomunicabili. Possiamo scambiarci informazioni circa le esperienze. Mai però le esperienze stesse».
Dato questo presupposto, come la mettiamo con la condivisione della realtà? Siamo sicuri che sia uguale per tutti?
Per come la concepiamo, la realtà è il risultato di una complessa interazione tra il mondo esterno e la nostra mente. Ogni individuo vive in una sorta di realtà personale, frutto di una combinazione di percezioni sensoriali, interpretazioni cognitive e stati emotivi. La possiamo chiamare “soggettiva”, poiché è la costruzione del mondo così come viene percepito e interpretato da un singolo individuo. Essa non è un'entità fissa, bensì una dimensione dinamica che cambia costantemente in funzione delle esperienze personali, delle emozioni, dei ricordi e delle convinzioni. Ogni individuo interpreta le cose in modo leggermente diverso, poiché ognuno è il prodotto di una combinazione unica di fattori genetici, di esperienze culturali e sociali.