Un testo cristiano gnostico descritto come immaginifico, solenne e contraddittorio. Forza e numinosità emergono prorompenti da una voce femminile che ammonisce, rivela e conforta. Destra e sinistra, fuori e dentro, alto e basso, rompono il giudizio a favore di un vaso che tutto contiene.
Alessandria d’Egitto, la Magnifica, epicentro universale della conoscenza senza tempo, avamposto nel Mediterraneo della cultura greca fuori dalla Grecia. E perciò stesso crocevia di varia umanità, tra coloni greci e romani, così come dotti egiziani ed ebrei, e poi cristiani e persiani. Siamo nella città fondata nel 331 avanti Cristo da Alessandro Magno, e resa celebre dalla sua fantasmagorica biblioteca dedicata alle nove Muse dell’arte, summa della conoscenza umana. È qui che intorno al II secolo vissero e insegnarono i maestri cristiano-gnostici, primo fra tutti Valentino, allievo di Teuda (che, a sua volta, si dice avesse ricevuto l’insegnamento esoterico direttamente da Paolo di Tarso), oltre ad altre eminenti figure come Basilide, Carpocrate ed Epifane. È qui che nel 415 venne messa a morte – da una folla di cristiani in tumulto – la matematica e filosofa neoplatonica Ipazia. È qui che trovò terreno fertile l’insieme della filosofia ermetica, ovvero l’alchimia, la magia astrale e la cabala, le quali – affondando le proprie radici nella filosofia ellenica, nelle religioni orientali, nei culti misterici e infine nel cristianesimo delle origini – sfociarono nello gnosticismo e nel neoplatonismo. È stata Alessandria d’Egitto la capitale del pensiero dell’uomo nell’antichità, in quanto polo tra le grandi culture, filosofie, religioni e speculazioni sorte nei millenni al limitare tra Oriente e Occidente. E se la Gnosi cristiana non fosse aliena a ogni tentativo di cristallizzazione, non sarebbe troppo lontano dal vero chi volesse – semplificando – individuarne la culla proprio in questa città.