Parlare di poesia oggi, su una rivista spirituale, può aver senso? Crediamo di sì, per la vibrazione che porta con sé e per la sua vicinanza con la musica, il canto e la rivelazione che attraverso parole ispirate dal profondo è capace di trasformare stati di coscienza.
Una conoscenza adolescenziale
Una figurina esile, minuta, vestita di nero, capelli grigi entrava in classe: unica concessione a un femminile non così dolente, un filo di perle candide al collo. Dalle maniche uscivano due mani sottili, bianche bianche con la fede all’anulare sinistro. Finché non saliva sulla pedana della cattedra non ci accorgevamo neanche che fosse entrata. Eravamo tutte prese dalle nostre chiacchiere, dalle nostre normali corbellerie adolescenziali.
Volgendo lo sguardo alla cattedra ci zittivamo all’improvviso. Lì lei, la prof Vivaretti, grandeggiava della sua straordinaria cultura e all’istante, in classe, si faceva silenzio.
Si vociferava nei corridoi del liceo che fosse diventata così come la vedevamo, dopo la morte prematura dell’unica giovanissima figlia. Tacevamo con rispetto, al vederla lì, silenziosa aspettando che la calma tornasse. Tacevamo davanti a quel dolore immenso e travolgente. Eravamo in prima liceo, allora quarta ginnasio, e lei insegnava italiano, latino e greco. Aveva un modo unico e irripetibile di dirci con voce flebile di sederci: gli occhi sempre con quello sguardo doloroso da Maria ai piedi della Croce.